Emergenza coronavirus: una giornata con i volontari del 118, i soldati della pace che non si sentono degli eroi, ma non vogliono nemmeno diventare dei martiri.

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Emergenza coronavirus: una giornata con i volontari del 118, i soldati della pace che non si sentono degli eroi, ma non vogliono nemmeno diventare dei martiri.

 

“Non siamo degli eroi, ma non vogliamo nemmeno diventare dei martiri”.

 

Una giornata trascorsa con i ragazzi del volontariato del 118, correndo in ambulanza sui posti dove era richiesta la loro presenza, dirigendoci presso le abitazioni di presunti  nuovi casi di positività al coronavirus. Giovani e meno giovani, con gli occhi bagnati dalle trasudazioni e dalla  stanchezza dovuta ai massacranti turni e spinti dalla sola volontà nel combattere come dei soldati per donare un poco di pace a quelle persone assalite dal tremendo virus (Covid-19).

“Ci potremo definire dei soldati per la pace” sorride Salvatore scherzando, anche se di voglia ne ha veramente poca, da quando per evitare contagi è costretto da oltre un mese a vivere lontano dalla famiglia e dormire in auto, o come Antonio che vive da solo in quanto per sicurezza dei suoi piccoli figli ha fatto  trasferire i suoi cari dai parenti più prossimi.

“ Non siamo eroi” ci tiene a sottolineare Gennaro, medico di turno al 118 (evitiamo cognomi perché non vogliono personalismi che facciano pensare che sia protagonismo) “essere definiti eroi ce ne vuole, chiunque lo può essere oggi, così lo sono i lavoratori esposti al pubblico per offrire i servizi necessari, quelli  degli esercizi commerciali che garantiscono le merci utili al fabbisogno dei cittadini, le forze dell’ordine ma soprattutto quelli che si autodisciplinano rimanendo a casa evitando così ulteriori contagi. (iorestoacasa).

Continuando a correre in ambulanza per i comuni alle falde del  Vesuvio, ascoltiamo la centrale operativa che incessante continua via radio  a muovere le circa 100 ambulanze e il relativo personale di circa 500 unità solo tra autisti e infermieri, come sul cartellone di un grande Risiko su e giù per la nostra regione.

Il personale, è composto da persone spinte da alti valori morali verso il prossimo, altruisti che vanno a combattere come dei soldati verso un nemico invisibile e spesso senza nemmeno le protezioni adeguate, rischiando così di diventare dei martiri.

“Si spera  sempre nell’arrivo dei necessari  dispositivi di protezione per la sicurezza individuale (DPI), unica arma che abbiamo per difenderci e spesso in mancanza di questi si prosegue anche lavorando operando soluzioni estreme come quando, prosegue Gennaro: “fummo costretti a stringere ai polpacci delle buste di spazzatura per fare delle protezioni, pur di garantire il servizio con la dovuta sicurezza sia per noi che ai pazienti. Quelli che quando  arriviamo nelle loro case la prima cosa che ci chiedono,  tra un colpo di tosse e una sudorazione febbrile “ma il tampone?” .

Sì  Il “tampone “ quello sconosciuto,  che obbliga ripetutamente il bravo medico del 118 che ci accompagna a dover spiegare alle persone che va richiesto tramite il proprio medico curante, che a sua volta chiama il servizio e alla fine…. speriamo che arrivi presto una soluzione più breve e immediata, poi  proseguendo metaforicamente dice “chiamare noi del 118 invece del proprio medico di base è come se si rompesse un tubo in casa e invece di chiamare un idraulico si chiamano i pompieri”.

Stefano Renna

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